Nota alla Sentenza del Tribunale di Firenze del 15/12/2011.

 

La sentenza in commento esamina la revocabilità, ex art 67 L. Fall, dei compensi percepiti dall’amministratore di una società a responsabilità limitata nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento della società medesima, concludendo in senso affermativo.

La questione affrontata dal Tribunale è di particolare interesse in quanto, per effetto della novella del 2005, è stato ridotto notevolmente in novero degli atti assoggettabili a revocatoria. In particolare sono stati ritenuti meritevoli di tutela, e quindi insuscettibili di essere dichiarati inefficaci, alcuni dei pagamenti che l’impresa deve effettuare per poter svolgere la propria attività. Ciò perché si vuole evitare che i terzi, consapevoli dello stato di dissesto, cessino di avere rapporti con l’impresa in difficoltà rendendone inevitabile il fallimento. La riforma è dunque ispirata dalla necessità di non pregiudicare eventuali chances di ripresa aziendale anche se ciò implica, in specifiche ipotesi, un affievolimento della tutela della par condicio creditorum alla cui salvaguardia è funzionale l’azione revocatoria.

I compensi versati agli amministratore non sono espressamente menzionati nelle ipotesi di esenzione di cui all’art. 67 L. Fall e, dunque, occorre una riflessione più approfondita per ricostruire la disciplina ad essi applicabile.

Gli atti di cui si discute potrebbero potenzialmente rientrare nell’ipotesi di esenzione contemplata dall’art. 67 L. Fall., comma terzo lettera f) per il quale non sono soggetti all’azione revocatoria: “i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito”.

Sennonché a tale soluzione interpretativa osta la circostanza che il vincolo che lega l’amministratore alla società non appare suscettibile di rientrare, né nell’ambito del lavoro subordinato, né sotto lo schema del lavoro autonomo e ciò perché, per effetto dell’immedesimazione organica, viene a mancare quella pluralità di soggetto necessaria in ogni rapporto contrattuale.

E’ infatti proprio sulla base di tale ricostruzione che ai compensi percepiti dagli amministratori di società si nega, per giurisprudenza consolidata, il privilegio di cui all’art 2751 bis n. cc (spettante, invece, ai lavori subordinati, parasubordinati, agenti, prestatori di opera, ecc…).

In questo senso si era già espresso lo stesso Tribunale di Firenze, con la sentenza del 2 maggio 2011, nella quale si legge:”Il privilegio di cui all’art. 2751 bis n. 2 assiste lo svolgimento di una attività di opera riconducibile nella previsione di cui all’art. 2222 c.c., mentre l’attività dell’amministratore non è comunque qualificabile come prestazione d’opera del terzo, che instauri con la società un rapporto contrattuale, ma ha i caratteri della medesima attività societaria, considerato che l’amministratore si identifica organicamente con essa” (v. conformi Trib. Monza 26 maggio 2003; Trib. Monza 14 maggio 2003; Trib. Rimini 2 aprile 2002, in Fall. 2003, p. 308; Cass. 2542/83 in Dir. Fall. 1983, II,682).

La circostanza che i compensi dell’amministratore non siano assistiti da privilegio rafforza la tesi  che essi siano soggetti a revocatoria anche sotto un profilo di ordine sistematico.

Il legislatore, nel graduare i privilegi, compie un giudizio di rilevanza del credito accordandogli una maggiore o minore tutela. Poiché le norme istitutive dei privilegi derogano al principio di ordine generale che vuole i creditori su di un piano di parità, le stesse hanno carattere eccezionale e non sono suscettibili di interpretazione estensiva.

Anche la ratio dell’esenzione di cui alla lettera f) è ravvisata nella necessità di rafforzare la tutela di alcuni soggetti, quali appunto i lavoratori subordinati o parasubordinati, il cui credito è stato già valutato dal legislatore come particolarmente meritevole di tutela mediante il riconoscimento del privilegio.

Da ciò consegue che neppure le ipotesi di esenzione dalla revocatoria potranno essere interpretate in senso estensivo fino a ricomprendervi crediti, come quelli dell’amministratore, ordinariamente posti allo stesso livello di tutela di quello della generalità dei creditori sociali.

Tale impostazione è confermata dal provvedimento in commento: secondo il Tribunale, infatti, gli emolumenti percepiti dall’amministratore non possono rientrare nelle ipotesi contemplate dalle lettere a) e f)  dell’art. 67 L. Fall. “in quanto dette voci presuppongono che il destinatario sia estraneo all’organo gestorio in senso stretto (in altri termini: detti destinatari devono rientrare tra le persone per le quali  non trovi applicazione la disciplina dell’art. 1395 CC o in via diretta degli artt 2391 o 2475 ter cc). A conferma di quanto sopra vi è la considerazione per la quale i crediti  dell’amministratore di società non ricevono, ai fini del grado, lo stesso trattamento (vale a dire il privilegio) dei crediti elencati dall’art. 2751 bis cc (Cfr per tutte Cass., sez. I, 23.7.2004 n. 13805, Cass., sez I, 24.4.2007 n. 9911)”.

 

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SEntenza Tribunale di Firenze15.12.2011